In un’intervista per l’Associazione Culturale Radio Ros Brera, la dottoressa Daniela Fava ha avuto modo di raccontare l’ampiezza culturale su cui si fonda la mission di Kosmos. Una chiacchierata sullo studio e sulla pratica delle lingue del mondo che parte dai suoi esordi ambiziosi nel ’92 dopo aver concluso l’università, quando un modem e un computer erano sufficienti a soddisfare le richieste dei clienti che l’avvento del digitale ha ampliato e diversificato.
Rispetto al passato l’approccio alla traduzione è notevolmente cambiato: quella attuale è una comunicazione diversa, un po’ più spersonalizzata per via della mancanza di contatti visivi con i singoli clienti, ma decisamente più veloce, che permette di stare al passo coi tempi e di evolversi nell’ottica di una comprensione globale che vada al di là delle frontiere.
«Kosmos è un’agenzia di traduzioni internazionale che ha come obiettivo finale l’abbattimento delle barriere linguistiche che ci accompagnano da sempre. Siamo una società di servizi linguistici che si occupa della traduzione, dell’interpretazione e anche dello speakeraggio di circa un centinaio di combinazioni linguistiche», spiega Daniela Fava. Kosmos si rivolge alle aziende e ai privati, sia a livello nazionale che internazionale.
La grande diversità linguistica è uno degli elementi costitutivi del patrimonio culturale del nostro continente, ma molti idiomi rischiano l'”estinzione digitale”. «Nell’Unione Europea le lingue ufficiali sono 24, le più parlate restano l’inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo. Abbiamo circa 60 lingue, tra cui quelle minoritarie, ma le lingue del web restano ben poche. L’inglese continua a essere la lingua più tradotta e spesso i problemi che, appunto, si verificano nel cercare di veicolare le lingue che non hanno un bacino d’utenza così ampio riguardano proprio il loro mancato uso in rete».
Una lucida constatazione quella di Daniela Fava che sottolinea come nella scelta dell’orientamento linguistico dei propri servizi un ruolo fondamentale sia svolto dalle necessità dei clienti. Ne consegue che «la richiesta di traduzioni di documenti, siti e quant’altro verte principalmente sulle lingue più parlate, a meno che l’azienda non abbia un contatto specifico con un determinato paese o una determinata realtà».
Il fatto che nel mondo digitale si tenda a dare la priorità alle lingue più usate potrebbe, a lungo andare, erodere completamente le tradizioni linguistiche di alcuni paesi. Se da un lato le lingue minoritarie rappresentano l’identità di un luogo, dall’altro possono costituire un ostacolo per chi le ha vissute e parlate sin dalla nascita, «infatti chi parla lingue meno usate o minoritarie non è, ad esempio, in grado di accedere a servizi online nella propria lingua madre e di base è costretto a optare per l’uso di una lingua dominante online, come l’inglese».
Aumenta, così, il rischio di accelerare i cambiamenti linguistici nella lingua stessa: la complessità e i contenuti di determinati idiomi potrebbero disperdersi, ma si potrebbe assistere anche alla scomparsa di certi aspetti culturali molto importanti. Se la comunicazione attraverso la parola può essere considerata «una danza meravigliosa» e «una forma d’arte», è comprensibile quanto questo graduale dissolversi delle lingue minoritarie possa dispiacere e preoccupare.
In questi ultimi anni il cinese ha avuto un boom non indifferente, oggi può essere infatti considerato la seconda lingua del web. Le richieste di traduzioni in lingua cinese sono tantissime e il loro numero sarebbe destinato a salire se solo venissero meno tutte le restrizioni che la Cina impone per quanto riguarda Internet.
Se nel nostro Paese tendiamo a dare per assodato e consolidato il tema del diritto e della libertà, dobbiamo invece ricordarci di quanto questo sia purtroppo opzionale in molte realtà a livello globale, Cina in primis. Il suo uso in aumento nel mondo e la sua apertura verso Paesi con i quali è in corso uno scambio attivo potrebbe, quindi, rappresentare un’opportunità di evoluzione e scoperta per la Cina stessa.
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Ecco l’importante ruolo delle lingue e della conoscenza. «Lo studio di una lingua permette di aprirsi, di diventare anche più tolleranti, di vedere effettivamente il mondo con occhi diversi, perché bene o male siamo tutti condizionati dalla cultura in cui viviamo e ci comportiamo di conseguenza.»
La lingua non è solo uno strumento di comunicazione, ma anche di vita: è legato alla cultura e all’identità di un Paese, ne rappresenta la tradizione profonda. Grazie allo studio di un determinato idioma «possiamo mettere in discussione anche il nostro modo di pensare e quindi diventare più tolleranti e aperti verso gli altri. E anche magari tutelare quelle minoranze linguistiche che hanno effettivamente diritto di esistere». A tal proposito è doveroso ricordare che in Galles, ma anche in altri Paesi come l’Irlanda (si pensi alla lingua gaelica), le persone hanno dovuto condurre delle vere e proprie battaglie per l’uguaglianza linguistica proprio per poter usare la lingua natia in ogni aspetto della loro vita.
La lingua araba viene tradotta moltissimo, ma a sottolineare un aspetto importante è la stessa Daniela Fava: al pari del cinese, anche la lingua araba è un mondo a sé, «quindi le traduzioni devono essere svolte da professionisti competenti perché in un certo senso fungono un po’ da filtro e la traduzione deve essere filtrata attraverso il rispetto per la tradizione».
Anche la Russia, soprattutto negli ultimi tempi, si è imposta a livello linguistico, magari un po’ in punta di piedi. Rispetto al passato che l’ha sempre visto come paese chiuso e solo apparentemente aperto, oggi è invece un mondo «molto più reale, vivo e concreto di quanto chiaramente non lo fosse anni fa».
Data la complessità del panorama linguistico, culturale e sociale nel quale viviamo, tradurre le lingue non può essere considerato un mero atto di trasposizione di un contenuto da un idioma all’altro. Questo spiega la scelta accurata dei professionisti di cui Kosmos si avvale.
Come racconta Daniela Fava, «essere traduttori non significa semplicemente essere fruitori di una lingua o conoscere una lingua straniera. Essere traduttori in particolare (poi si potrebbe parlare della figura dell’interprete, dello speaker o altro) vuol dire essere un amante della cultura, della lingua e di tutto il mondo che abbraccia effettivamente la comunicazione».
L’imprescindibile strumento di lavoro del traduttore specializzato è, quindi, la perfetta conoscenza della propria lingua d’origine (in ogni suo aspetto: lessico, sintassi, grammatica e punteggiatura). L’avvento di Internet e dei social network ha certamente accentuato un processo di maltrattamento della lingua italiana che solo lo studio e l’accurata formazione scolastica (dalle scuola elementare all’università) può contrastare. Difendere la propria cultura significa evitare che l’italiano si impoverisca in virtù di chi crede che non serva parlarlo bene.
E allora a Daniela Fava ha voluto concludere l’intervista descrivendo Kosmos come «una palestra per i giovani»: «ospitiamo tantissimi tirocinanti e stagisti da diverse università europee e siamo a contatto con neolaureati e laureandi molto in gamba che ci arricchiscono e a cui, a nostra volta, cerchiamo di dare tutta la formazione possibile per tramandare quello che abbiamo raccolto come patrimonio in tutti questi anni di attività».
Un impegno assiduo e una dedizione costante quella di Kosmos in ambito linguistico, per far sì che incrementando la conoscenza delle lingue tra i vari interlocutori si possa abbattere il più possibile tutti i confini e i pregiudizi.
Per ascoltare tutta l’intervista: Daniela Fava intervistata da Radio Ros Brera